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Ma quando una causa esteriore, o un'interna disposizione ci trae all'improvviso fuori dall'infinita corrente del volere, e la conoscenza sottrae alla schiavitù della volontà, e quando l'attenzione non è più rivolta ai motivi del volere, bensì percepisce le cose sciolte dal loro rapporto col volere, ossia le considera senza interesse, senza soggettività, in modo puramente obiettivo, dandosi tutta ad esse, in quanto esse sono pure rappresentazioni e non motivi: allora sopravviene d'un tratto, spontaneamente, la pace ognora cercata sulla prima via, la via del volere, e ognora sfuggente; e noi ci sentiamo benissimo. È lo stato senza dolore, che Epicuro lodò come il massimo bene, e come condizione degli Dei: poiché noi siamo, per quell'istante, liberati dalla bassa ansia della volontà, celebriamo il sabba dei lavori forzati; e la ruota d'Issione si ferma.
In: “ Il mondo come volontà e rappresentazione (Tomo II)”, di Arthur Schopenhauer
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