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Nessuno infatti può vivere senza pregiudizi; e non solo perché nessuno è abbastanza intelligente o assennato da riuscire a dare un giudizio originale su tutto ciò che nel corso della sua vita gli viene richiesto di giudicare, ma perché una tale mancanza di pregiudizi esigerebbe una vigilanza sovrumana. Perciò la politica ha sempre e dovunque a che fare con il chiarimento e la dissipazione di pregiudizi; il che però non significa che essa aspiri a educare alla mancanza di pregiudizi, né che chi è impegnato in questa opera di formazione sia a sua volta libero da pregiudizi. L'entità della vigilanza e dell'apertura determina il livello politico e la fisionomia generale di un'epoca; ma è impensabile un'epoca in cui gli uomini, per buona parte dei giudizi e delle decisioni, non possano richiamarsi, e affidarsi, ai loro pregiudizi.
Da: “Che cos’è la politica? (Capitolo primo: I - pregiudizi - p. 13)” di Hannah Arendt
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