lunedì 8 agosto 2016

Maria Zambrano: C'è nello scrivere un trattenere le parole, come nel parlare c'è invece un liberarle, un distaccarsi da noi...


Eugène Carrière
C'è nello scrivere un trattenere le parole, come nel parlare c'è invece un liberarle, un distaccarsi da noi. Scrivendo si trattengono le parole, le si fanno proprie, soggette a ritmo, contrassegnate dal dominio umano di chi in questo modo le maneggia. Ciò indipendentemente dal fatto che lo scrittore si preoccupi delle parole, scelga coscientemente e le disponga in un ordine razionale, conosciuto. Al contrario, basta essere scrittore, scrivere spinti da questa intime necessità di liberarsi delle parole, di superare completamente la sconfitta subita, perché si verifichi questo trattenimento delle parole. La volontà di trattenere si trova già al principio, alla radice dell'atto stesso di scrivere e l'accompagna permanentemente. Le parole vanno così cadendo precise, in un processo di riconciliazione dell'uomo che le libera trattenendole, di chi le pronuncia con cauta generosità. [...]
Scrivere diventa il contrario di parlare: si parla per soddisfare una necessità momentanea immediata e parlando ci rendiamo prigionieri di ciò che abbiamo pronunciato; nello scrivere, invece, si trova liberazione e durevolezza – si trova liberazione soltanto quando approdiamo a qualcosa di durevole. Salvare le parole dalla loro esistenza momentanea, transitoria, e condurle nella nostra riconciliazione verso ciò che è durevole, è il compito di chi scrive.

In: "Verso un sapere dell'anima", di Maria Zambrano

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