domenica 29 luglio 2018

Antonio Prete: L’oblio è la lontananza che è tutta raccolta al di fuori del linguaggio, prima del linguaggio...

Tony Luciani
L’oblio è la lontananza che è tutta raccolta al di fuori del linguaggio, prima del linguaggio. La lontananza che l’oscuro trattiene al di qua della rappresentazione. Eppure è in quella nera prigione che le immagini di quel che è stato prendono forma. Per affiorare ogni volta che il ritmo dell’esistenza incontra il ritmo della memoria. Ogni volta che un passaggio d’ala inatteso o l’orma di un pensiero o la linea di un oggetto o il suono di una parola chiamano verso l’apparire. Il dialogo tra l’oblio e la memoria è il dialogo tra l’ombra e la luce, tra il nascosto e il visibile, tra il silenzio e la forma. L’oblio è il fiume sotterraneo che quando sale alla superficie della lingua sgorga come memoria.

In: “Trattato della lontananza” di Antonio Prete

Gyorgy Lukacs: Che veramente tutto avviene in me, ma che in me avviene il Tutto...

Giacomo Balla
Questo è dunque il mondo nuovo, la strada che porta fuori dall'estetismo: la percezione profonda, religiosa, che tutto è in connessione con tutto. La sensazione di non poter fare nulla senza suscitare dovunque mille risonanze, che per la maggior parte non conosco e non sono in grado di conoscere; la sensazione che allo stesso modo ciascuna delle mie azioni - lo sappia o non lo sappia - è la conseguenza di migliaia e migliaia di onde, che si sono incontrate in me e che da me sono ripartite verso l'altro. Che veramente tutto avviene in me, ma che in me avviene il Tutto; che i miei destini sono potenze ignote, ma che i miei attimi fuggenti possono essere per me destini imperscrutabili dell'Imperscrutabile. È la casualità che diventa necessità; i casi accidentali, momentanei, le non ripetizioni, vengono innalzati a legge universale con tanta energia che cessano di essere casi accidentali e momentanei. La metafisica dell'impressionismo. Dal punto di vista di colui che è toccato dalle onde tutto è casualità: da che onde è toccato, quando e dove; perché tutto ciò non può avere alcun riferimento con l'intimo, vero corso della sua vita. Ogni singola onda è un gioco del caso: soltanto così si giustifica l'asserzione che tutta la vita è un gioco di onde casuali. E se tutto è caso, allora nulla è casuale, non c'è più casualità, poiché tutto ha un senso soltanto nella misura in cui coesiste con una norma immanente e la elimina soltanto negli accidenti concreti.

Da:” L'anima e le forme”,di Gyorgy Lukacs

sabato 28 luglio 2018

Khalil Gibran: Esiste un luogo più elevato del mondo visibile, dove i pensieri trovano la loro dimora...

Alfred Wahlberg
Esiste un luogo più elevato del mondo visibile, dove i pensieri trovano la loro dimora, e il suo cielo non è offuscato dalle nuvole della sensualità. L’immaginazione trova la strada che conduce al regno degli dei ed è là che gli uomini riescono ad avere un’idea di quel che sarà dopo che l’anima si sarà liberata dalla sua sostanza terrena».

 In: "Pensieri e meditazioni (La dea della fantasia) di Kahlil Gibran

Albert Camus: mi aprivo per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo...

Alfred Wahlberg
Come se quella grande ira mi avesse purgato dal male, liberato dalla speranza, davanti a quella notte carica di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo. Nel trovarlo così simile a me, finalmente così fraterno, ho sentito che ero stato felice, e che lo ero ancora.

Da: "Lo straniero", di Albert Camus

venerdì 27 luglio 2018

Elias Canetti: Vorrei restare semplice...

Rufin Gavrilovich Sudkovsky
Vorrei restare semplice, per non fare confusione mescolando le molte figure di cui sono composto.”

In: “La provincia dell’uomo (1943 pag. 70 )”, di Elias Canetti

domenica 22 luglio 2018

Friedrich Nietzsche: Con piedi caldi e caldi pensieri, fuggo là dove il vento tace...

Gianni Berengo Gardin
Con piedi caldi e caldi pensieri, fuggo là dove il vento tace — nell’angolo soleggiato del mio monte degli olivi.

Da: "Così parlò Zarathustra (Sul monte degli olivi)" di Friedrich Nietzsche

Dino Buzzati: I giorni perduti

Dino Buzzati
Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e, fatti pochi passi, la scaraventò nel botro; che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali.
Si avvicinò all'uomo e gli chiese:
- Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c'era dentro? E cosa sono tutte queste casse?
Quello lo guardò e sorrise:
- Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sai? Sono i giorni.
- Che giorni?
- I giorni tuoi.
- I miei giorni?
- I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?
Kazirra guardò. Formavano un mucchio immenso. Scese giù per la scarpata e ne aprì uno. C'era dentro una strada d'autunno, e in fondo Graziella la sua fidanzata che se n'andava per sempre. E lui neppure la chiamava.
Ne aprì un secondo. C'era una camera d'ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari.
Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk il fedele mastino che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare.
Si sentì prendere da una certa cosa qui, alla bocca dello stomaco. Lo scaricatore stava diritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere.
- Signore! - gridò Kazirra. - Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole.
Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell'aria, e all'istante scomparve anche il gigantesco cumulo delle casse misteriose. E l'ombra della notte scendeva.

In: “Le notti difficili (I giorni perduti)”, di Dino Buzzati