domenica 3 novembre 2019

Hannah Arendt: Ma l’abitudine d’ingannare se stessi era divenuta così comune, quasi un presupposto morale per sopravvivere...

Pieter Bruegel il Vecchio
Quella società tedesca di ottanta milioni di persone si era protetta dalla realtà e dai fatti esattamente con gli stessi mezzi e con gli stessi trucchi, con le stesse menzogne e con la stessa stupidità che ora si erano radicate nella mentalità di Eichmann. Queste menzogne cambiavano ogni anno, e spesso erano in contraddizione tra loro; inoltre, non erano necessariamente uguali per tutti i vari rami della gerarchia del partito o della popolazione. Ma l’abitudine d’ingannare se stessi era divenuta così comune, quasi un presupposto morale per sopravvivere, che ancora oggi, a vent’anni dal crollo del regime nazista, oggi che ormai il contenuto specifico di quelle menzogne è stato dimenticato, ogni tanto si è portati a credere che il mendacio sia divenuto parte integrante del carattere tedesco. Durante la guerra la menzogna più efficace per incitare e unire tutta la nazione tedesca fu lo slogan della “lotta fatale” (der Schicksalskampf des deutschen Volkes). Coniato che fosse da Hitler o da Goebbels, quello slogan serviva a convincere la gente che, innanzitutto, la guerra non era guerra; in secondo luogo, che la guerra era venuta dal destino e non dalla Germania; e in terzo luogo che per i tedeschi era una questione di vita o di morte: o annientare i nemici o essere annientati.

Da: “La banalità del male (Pag. 60)”, di Hannah Arendt

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